venerdì 24 maggio 2019



E coi soldi dei babbei ci fanno la pubblicità in radio e televisione...
Mangiata la foglia, per me possono anche andare a raccogliere patate e pomodori al sud, al posto degli "importati", chiese, pronto soccorsi vari e furbetti delle ongine...

http://paolodarpini.blogspot.com 
Fonte Fulvio Grimaldi - fulvio.grimaldi@gmail.com 
"Al tuo buon cuore" Ovvero: Strumentalizzazione della pietà umana a fini "altri"  mercoledì 22 maggio 2019

 
L’arma totale: il tuo buon cuore
 
A mio avviso non c’è pratica più subdola e ingannevole – vera eterogenesi dei fini conclamati – dello mobilitazione e dello sfruttamento dei sentimenti buoni della persona  perbene a fini non dichiarati. Sostanza ontologica dei monoteismi. Un’interpretazione maligna del fine che giustifica i mezzi, per il quale Machiavelli si rivolterebbe nella tomba.. Si utilizza un cocktail di immagini sconvolgenti (gente in barconi, corpi galleggianti, cadaverini spiaggiati), o di narrazioni Grand Guignol, ma prive di immagini (i “torturati, stuprati e ammazzati” nei lager libici; ma se la prendono con Haftar che quei lager di quelle milizie li vuole spazzar via. Curioso), o di guerre, fame e persecuzioni, dove non ce ne sono (o, se ci sono, sono da noi indotte). Ci si ricamano sopra i fiori dell’umanitarietà, carità, pietà. Risultato, commozione che dilaga e cancella lo studio della realtà: accoglienza senza se (sono stati sradicati) e senza ma (finiscono schiavi o mafiosi) . Che tasso di moralità assegniamo a chi incita mercenari alla guerra contro la Libia o la Siria o il Mali (da Rossanda a tutta la stampa ufficiale occidentale), e poi si sbraccia perché qualcuno ne accolga le vittime e le sfrutti ulteriormente per ricuperare l’economia  dei campi di cotone, frantumare le basi della convivenza e deprimere i diritti di tutti?.
Facciamoli scappare, così li accogliamo
Ciò che, invece, non importa una cippa a nessuno, giacché non conviene a padrini, sponsor e compari, è il primo dei diritti umani in assoluto: quello di nascere, vivere e morire a casa propria, con la gente propria, con la storia propria, con il futuro proprio. Magari con quel ”primitivo” rapporto con terra, acqua,  cielo, alberi, animali, il di vino, che ha conservato la comunità per millenni e che qui, da noi, con l’integrazione, verrà sepolto  nel buco nero di uno smartphone.

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