mercoledì 1 aprile 2020

Art 78 Costituzione. Golpisti infami: NON CI PROVATE ! Giù le manacce dalla Nostra Democrazia

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Coronavirus. Smettiamo di dire che è una guerra 

Annamaria Testa, esperta di comunicazione 30 marzo 2020

                                             la Costituzione Italiana      Partito Comunista d'Italia – NO alla “riforma” costituzionale

Axteismo, si tagli la testa a Dio. No alla chiesa, no alle ...

Specie in tempi difficili, dovremmo sforzarci di usare parole esatte e di chiamare le cose con il loro nome.
Le parole che scegliamo per nominare e descrivere i fenomeni possono aiutarci a capirli meglio. E quindi a governarli meglio. Quando però scegliamo parole imprecise o distorte, la comprensione rischia di essere fuorviata. E sono fuorviati i sentimenti, le decisioni e le azioni che ne conseguono.
Tra l’altro: sulla scelta delle parole che servono per descrivere le cose si gioca anche buona parte della propaganda politica contemporanea.
Per esempio, quando sceglie di chiamare “virus cinese” il Covid-19, Donald Trump non si limita a proporre un diverso nome per nominare la medesima cosa. Fa, per dirla con George Lakoff, una esplicita operazione di framing, di incorniciatura. Inquadra, cioè, il virus evidenziandone la provenienza, e quindi attribuendone la responsabilità. Del resto, ce lo ricorda il Guardian, Trump è piuttosto abituato a compiere operazioni di framing, e lo fa con (ehm…) un discreto successo.
Operazioni di incorniciatura
Ma non sono Donald Trump e il suo uso fallace del linguaggio il punto di questo articolo. Teniamoceli, a mente, però, come esempio di applicazione di un frame: una cornice che può cambiare radicalmente il senso di qualcosa, attribuendole una specifica qualità, o isolando ed esaltando una singola qualità fra molte.
Per descrivere e comprendere la realtà noi la semplifichiamo compiendo, non necessariamente in malafede, una quantità di operazioni di incorniciatura.
Lo facciamo ogni volta che definiamo un fenomeno alla luce di quella che ci sembra la sua caratteristica emergente.
Lo facciamo (in modo efficacissimo, e determinante in termini di comprensione e interpretazione) quando usiamo una metafora: una formula linguistica che condensa in pochissime parole un intero racconto, e che evoca immagini intense, cariche di pathos.
Dunque, una metafora può essere una cornice folgorante (anche questa è una metafora) e altamente memorabile.
Eccoci al punto. In un eccellente articolo uscito su Internazionale pochi giorni fa, Daniele Cassandro segnala che “l’emergenza Covid-19 è quasi ovunque trattata con un linguaggio bellico: si parla di trincea negli ospedali, di fronte del virus, di economia di guerra”.
Cassandro segnala, citando Susan Sontang, che però “trattare una malattia come fosse una guerra ci rende ubbidienti, docili e, in prospettiva, vittime designate”. E conclude affermando che la metafora del paese in guerra è rischiosa nell’emergenza che stiamo vivendo perché “parlare di guerra, d’invasione e di eroismo, con un lessico bellico ancora ottocentesco, ci allontana dall’idea di unità e condivisione di obiettivi che ci permetterà di uscirne”.
L’automatismo della metafora bellica mi sembra troppo persistente e diffuso per essere ridotto a pura sciatteria lessicale
Lo psichiatra Luigi Cancrini ribadisce concetti analoghi in un’intervista a Repubblica: “La guerra è il tempo dell’odio. In guerra per sopravvivere si è costretti a uccidere l’altro”, dice. “Invece questo di oggi è il tempo della vicinanza e della solidarietà”.
L’automatismo che porta a impiegare metafore belliche a proposito del Covid-19 mi sembra particolarmente insidioso anche perché, in realtà, i termini “malattia”, “epidemia”, “infezione”, “virus”, “contagio” sono essi stessi impiegati come metafore potenti. Basti pensare all’uso esagerato del termine “virale” che in questi anni si è fatto a proposito di internet e dei social network. A quante volte si è parlato di “infezione mafiosa”. O di “epidemia di solitudine”.
Non è una guerra ed è pericoloso pensare che lo sia perché in questa cornice risultano legittimate derive autoritarie.
Questa non è una guerra perché non c’è, in senso proprio, un “nemico”. Il virus non ci odia. Non sa neanche che esistiamo. In realtà, non sa niente né di noi, né di sé. È un’entità biologica parassita.
Non è una guerra e dunque è tremendo e inaccettabile che per “combatterla” muoiano medici e infermieri: non sono “soldati” da mandare in “battaglia”, pronti a compiere un “sacrificio”. Usare il frame della guerra per implicare, insieme all’eroismo, l’ineluttabilità del “sacrificio” è disonesto e indegno.
NON È UNA GUERRA ED È PERICOLOSO PENSARE CHE LO SIA PERCHÉ IN QUESTA CORNICE RISULTANO LEGITTIMATE DERIVE AUTORITARIE.
Non è una guerra perché le guerre si combattono con lo scopo di difendere e preservare il proprio stile di vita. L’EMERGENZA CI CHIEDE, INVECE, NON SOLO DI PROGETTARE CAMBIAMENTI SOSTANZIALI, MA DI RIDISCUTERE INTERAMENTE LA NOSTRA GERARCHIA DEI VALORI E IL NOSTRO MODO DI PENSARE. PRIMA COMINCIAMO, MEGLIO È.
 
Commento bambilu
 
Ben lo sa l'Ing. Carlo Negri, che per primo ha capito il TRUCCO CONTE-MATTARELLA del dichiarare che siamo in GUERRA. La domanda che SUBITO sorge è appunto: chi è il Nemico? Vedere i suoi video

E..........LEGGERE QUI.
 
https://www.brocardi.it/
Dispositivo dell'art. 78 Costituzione
Fonti → Costituzione → Parte II - Ordinamento della repubblica → Titolo I - Il parlamento → Sezione II - La formazione delle leggi
Le Camere deliberano lo stato di guerra (1) e conferiscono al Governo i poteri necessari [11, 87] (2).
(1) Con il termine "guerra" il costituente HA AVUTO RIGUARDO SOLO AI CONFLITTI EXTRANAZIONALI che si instaurano tra stati (o tra alcuni di essi ed organizzazioni interne ad altri). Sono quindi esclusi i fenomeni di turbamento sociale interno, come le rivolte popolari.
(2) L'ipotesi più rilevante è quella di conferimento del potere legislativo, che si giustifica con la necessità di INTERVENTI RAPIDI E SNELLI I QUALI SAREBBERO PRECLUSI AL PARLAMENTO A CAUSA DELLA SUA STRUTTURA. IN OGNI CASO, IL GOVERNO RIMANE RESPONSABILE NEI CONFRONTI DELL'ORGANO LEGISLATIVO, TENUTO AL CONTROLLO DELL'ESERCIZIO DEL POTERE CONFERITO. QUESTA DELEGA, CHE ESULA DALLO SCHEMA DI CUI ALL'ART. 76 COST., È OBBLIGATORIA: IL PARLAMENTO È TENUTO A PROVVEDERVI, NON AVENDO MARGINE DI SCELTA.
Ratio Legis
L'attribuzione della deliberazione dello stato di guerra alle Camere, che rappresentano la volontà popolare, è propria di ogni stato democratico.
Spiegazione dell'art. 78 Costituzione
Alle Camere spetta deliberare lo stato di guerra. Tale deliberazione costituisce un atto politico, per la quale, data l'urgenza, non è necessaria l'emanazione di una legge formale.
La deliberazione ha efficacia immediata e determina l'entrata in vigore della legislazione eccezionale prevista per il tempo di guerra.
La situazione straordinaria che si crea quando viene deliberato lo stato di guerra giustifica l'applicazione di un sistema normativo particolare, definito diritto interno di guerra. A livello costituzionale vengono in rilievo l'art. 60, che ammette la proroga della legislatura, e l'art. 111, che non ammette il ricorso per Cassazione per le sentenze dei tribunali militari.
La situazione di emergenza termina con la cessazione dello stato di guerra che può provenire, oltre che da delibera del Parlamento, dalla ratifica di un trattato internazionale. PERALTRO, DOVREBBE RITENERSI NON LEGITTIMA OGNI APPLICAZIONE DEL DIRITTO INTERNO DI GUERRA CHE NON SIA STATA PRECEDUTA DALLA DICHIARAZIONE PARLAMENTARE: IN QUESTO CASO SOLO TALE PRONUNCIA POTREBBE RIPRISTINARE LA LEGALITÀ. IN ALTERNATIVA, ANCHE LE OPERAZIONI MILITARI NON SAREBBERO AUTORIZZATE.

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