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Estratto
Loretta Bolgan, laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche, dottorato in scienze farmaceutiche alla Harvard Medical School di Boston, ricercatrice industriale per aziende che producono kit diagnostici, si è occupata di registrazione di farmaci.
La Bolgan teme “un rischio gravissimo di reazione avversa fatale; il pericolo di reazioni autoimmuni, di malattie gravi a carico del sistema nervoso; la possibilità che si verifichino alterazioni epigenetiche, ovvero capaci di modificare l’espressione dei geni. Infine, l’ipotesi che possa essere attaccato il sistema riproduttivo con lo spettro dell’infertilità”.
“Sono sempre stata per la libertà vaccinale e terapeutica, ma questa volta sono assolutamente contro l’autorizzazione del vaccino. Non è stato rispettato alcun principio di precauzione. La popolazione farà da cavia”.
𝗗𝗼𝘁𝘁𝗼𝗿𝗲𝘀𝘀𝗮, 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲´ 𝗲̀ 𝗰𝗼𝘀𝗶̀ 𝗮𝗹𝗹𝗮𝗿𝗺𝗮𝘁𝗮?
Perché non ci sono i requisiti per mettere in commercio questi vaccini. Quando mancano dati certi si usa il principio di precauzione. Qui non è stato applicato. Nei fatti, nonostante le rassicurazioni dei produttori, è stata fatta una sperimentazione molto parziale e non esistono dati certi. E rischiamo di scoprire le conseguenze una volta inoculato il vaccino. In particolare, il rischio gravissimo di reazione avversa fatale. Tutti i vaccini contro la SARS sono stati bloccati, perché gli animali morivano di complicazione polmonare fatale una volta reinfettati.
𝗖𝗼𝘀’𝗲̀ 𝘂𝗻𝗮 𝗿𝗲𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮 𝗳𝗮𝘁𝗮𝗹𝗲?
Una reazione avversa fatale avviene quando il nostro sistema immunitario reagisce potenziando la malattia per cui ci stiamo vaccinando. Ovvero, scatenando la malattia da cui dovremmo proteggerci. Ma qui ci sono due tipi di problemi: il tipo di virus utilizzato per fare il vaccino. E i rischi dovuti al fatto che iniettiamo materiale genetico senza avere studi a riguardo. In linea teorica il vaccino dovrebbe essere sicuro, se il virus non mutasse. Ma il virus muta…
𝗔𝗻𝗱𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗴𝗿𝗮𝗱𝗶. 𝗖𝗶 𝘀𝗽𝗶𝗲𝗴𝗵𝗶 𝗽𝗲𝗿𝗰𝗵𝗲´ 𝗶𝗹 𝗽𝗲𝗿𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝘀𝘁𝗮𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗻𝗲𝗹 𝘁𝗶𝗽𝗼 𝗱𝗶 𝘃𝗶𝗿𝘂𝘀 𝘂𝘀𝗮𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗳𝗮𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝘃𝗮𝗰𝗰𝗶𝗻𝗼.
Partiamo dal vaccino di Oxford. Prevede la produzione di un vettore in cui viene inserito un frammento della spike, ovvero la sequenza genetica che dovrebbe portare alla produzione di anticorpi e che è stata sintetizzata chimicamente a partire dalle sequenze fornite dai cinesi. Ma il virus si è modificato profondamente nel passaggio da uomo a uomo. Inoltre, essendo un virus a RNA, ha la proprietà di formare delle popolazioni di mutanti minori. Sono “quasi specie” che si formano dentro la persona quando si infetta ed entrano in competizione fra loro. In sostanza, possono produrre una resistenza verso il vaccino ma, ancor peggio, una selezione di mutanti più pericolosi e contagiosi. La persona rischia di infettarsi con virus più pericolosi.
𝗖𝗵𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗮𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗰𝗶 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗮𝗰𝗰𝗮𝗱𝗮?
Il punto è questo, non lo sappiamo. La sperimentazione animale è stata condotta con il ceppo originario del virus, non con quello attuale. Il rischio è quello di iniettare materiale genetico senza una sperimentazione certa. Faccio un altro esempio. Il frammento con materiale genetico entra nella cellula e viene tradotto in proteina dal sistema ribosomiale. Teoricamente dovrebbe restare a livello di citoplasma. Il rischio è che questo RNA non si trasformi solo in proteina, ma anche in DNA a doppia elica e che venga portato all’interno del nucleo, producendo effetti imprevedibili. Ripeto, non abbiamo una sperimentazione in grado di dircelo. Rischiamo che tutto questo si scopra una volta che le persone sono state vaccinate.
𝗖𝗶 𝘀𝘁𝗮 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗲 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗳𝗮𝗿𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗱𝗮 𝗰𝗮𝘃𝗶𝗲?
Nonostante il vaccino sia fatto per non integrarsi con il nostro DNA, nei fatti non ci sono studi e non possiamo sapere cosa accadrà. Il materiale genetico ingegnerizzato, quando iniettato, può scatenare reazioni avverse di immunopatologia violenta, ovvero creare quella tempesta di citochine per cui il COVID-19 si è rivelato letale. Oppure potrebbero verificarsi alterazioni epigenetiche, che significa una modifica dell’espressione dei geni. Non mutazioni della sequenza, ma cambiamenti nel modo in cui i geni vengono espressi.
𝗟𝗲𝗶 𝗵𝗮 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗻𝘇𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗺𝗮𝗹𝗮𝘁𝘁𝗶𝗮 𝗰𝗵𝗲 𝗶𝗻𝘃𝗲𝗰𝗲 𝘀𝗶 𝗱𝗼𝘃𝗿𝗲𝗯𝗯𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗯𝗮𝘁𝘁𝗲𝗿𝗲. 𝗜𝗻 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝘀𝗶 𝘀𝗼𝘀𝘁𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗼 𝗿𝗶𝘀𝗰𝗵𝗶𝗼?
Il vaccino viene creato per produrre anticorpi, ma non è sterilizzante, cioè non evita l’infezione e la trasmissione del virus. Ci stanno dicendo che è efficace al 95% ma contesto questo dato: si tratta della capacità di formare anticorpi vaccinali, ma nessuno garantisce che sia protettivo. Fino a prova contraria la persona può comunque infettarsi ed essere contagiosa. Sostengono che la persona venga protetta dalla malattia, ma non lo sappiamo perché hanno scelto modelli animali che non hanno sviluppato la complicazione.
Domandiamoci perché i vaccini contro la SARS furono bloccati. Lo studio su animali, che deve sempre precedere quelli sull’uomo, ci dicono che essi morivano di complicazione polmonare fatale una volta reinfettati. Il vaccino era visto come fonte di reazione avversa quindi venne bloccato. Qui hanno vaccinato gli animali con un antigene che ha le sequenze del virus di Wuhan ma, lo ripeto, il virus circolante è mutato. Nessuno ha condotto questo studio in modo tale da rassicurarci. I vaccini messi in commercio ci dicono solo se una persona è in grado di produrre anticorpi vaccinali, sul resto abbiamo la totale incertezza. Dovremmo fare un monitoraggio a lungo termine, ma negli studi clinici è stato previsto un monitoraggio attivo molto corto, da 7 a 15 giorni.
𝗖𝗼𝘀𝗮 𝘀𝗶 𝘃𝗲𝗱𝗲, 𝗶𝗻 𝟳 𝗼 𝟭𝟱 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗶?
Nella scheda tecnica troveremo rossori, indurimento nella sede d’iniezione, febbre, inappetenza o anafilassi (allergia grave) come reazioni acute. Le reazioni autoimmuni non si vedono subito, si vedono più in là nel tempo. In particolare, le reazioni autoimmuni potrebbero verificarsi soprattutto con i richiami. Potremmo avere risposte che peggiorano progressivamente. Mi spiego. Questo virus forma anticorpi autoimmuni e questo è documentato in letteratura. Significa che oltre ad anticorpi contro il virus si formano anticorpi contro le proteine umane. Quando si ha una reazione del sistema immunitario alle proteine umane, si ha una reazione autoimmune. Gran parte delle proteine oggetto dell’attacco autoimmune sono del sistema nervoso centrale. Ciò significa l’insorgere di SLA, sclerosi, e altre patologie gravissime. Ma questo non possiamo saperlo, se non facciamo una farmacovigilanza attiva nel tempo. Inoltre non sono affatto note le azioni a danno dell’apparato riproduttivo.
𝗩𝘂𝗼𝗹𝗲 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗶𝗻𝗳𝗲𝗿𝘁𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀?
Si, ma non solo.
La velocità con cui lo hanno prodotto mi lascia il dubbio che non lo abbiano adeguatamente purificato da alcuni residui di lavorazione. E anche qui mi spiego. Dopo aver sintetizzato il pezzettino di sequenza genetica e creato il vettore, devono produrlo in grande quantità per fare il vaccino. 300 milioni di dosi non possono essere fatte per sintesi, bisogna trovare un sistema che replica questo pezzettino in quantità industriali. Per questo si sano le linee cellulari. Ebbene, il vaccino ad adenovirus di Oxford viene prodotto utilizzando linee cellulari immortalizzate. In particolare linee cellulari fetali potenzialmente cancerogene. Se rimangono residui di lavorazione nel vaccino è molto pericoloso. Il DNA fetale ha alta capacità di integrarsi nel DNA dell’ospite ed essendo immortalizzato porta con sé geni mutati che potrebbero innescare la cancerogenesi. E poi rimane il problema evidenziato da uno studio dell’ISS, della vaccinazione antinfluenzale.
𝗖𝗼𝘀𝗮 𝗰’𝗲𝗻𝘁𝗿𝗮 𝗹’𝗮𝗻𝘁𝗶𝗻𝗳𝗹𝘂𝗲𝗻𝘇𝗮𝗹𝗲?
Tre anni fa ho segnalato al sottosegretario del Ministro della Salute uno studio dell’ISS, in cui si dimostrava che l’incidenza di polmoniti gravi aumentava del 50% nei vaccinati con l’antinfluenzale. Lo studio riportava inoltre il 12% in più di mortalità nei vaccinati, per potenziamento della malattia.
Può trattarsi anche di una coincidenza ma varie città in cui hanno anticipato di due mesi l’antinfluenzale, dopo sono diventate zone rosse. Ho portato l’evidenza tre anni fa, ho segnalato il pericolo di potenziamento della malattia e non l’hanno considerato. Anzi, dopo due mesi sono partiti con la campagna vaccinale senza tener conto di questo grave rischio.
Come per il vaccino antinfluenzale, anche per il vaccino anti-COVID, oltre i rischi noti e potenziali, non sappiamo quanto dura la sua azione.
𝗩𝘂𝗼𝗹 𝗱𝗶𝗿𝗲 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗮𝗽𝗽𝗶𝗮𝗺𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗾𝘂𝗮𝗻𝘁𝗼 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝗲𝘀𝗽𝗹𝗲𝘁𝗮 𝗶𝗹 𝘀𝘂𝗼 𝗲𝗳𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗼?
Esatto. Sembra che la durata sia bassissima, ovvero di qualche mese. Ad esempio, il vaccino con vettore adenovirale forma anticorpi contro il vettore stesso, non si possono fare richiami. L’adenovirus viene riconosciuto dal sistema immunitario e non possiamo usare lo stesso vettore. Non possiamo fare richiami. Gli anticorpi protettivi, ammesso che si formino, restano limitati nel tempo, massimo due o tre mesi. Un altro problema è che quando comincia a replicarsi per produrre la proteina, l’adenovirus “sputa” fuori il pezzettino di sequenza dell’antigene che gli hanno messo dentro. Quindi si replica l’adenovirus ma non la sequenza, ci sono perciò problemi di inefficacia dovuti alla modalità di costruzione del vaccino.
𝗘 𝘀𝘂𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗿𝘃𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗰𝗶 𝗱𝗶𝗰𝗲?
Il vaccino va inoltre conservato a meno ottanta gradi ed è di importanza vitale che ciò avvenga. Il materiale genetico degradato è fortemente infiammatorio. Scatena una reazione infiammatoria molto violenta. Quindi inoculare un vaccino degradato risulta pericolosissimo.
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