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La pandemia mondiale del 1918 il Rockefeller Institute e l’esercito americano CptHook Dic 22, 2020
Un nuovo sviluppo storico che si è evoluto nel corso di alcuni anni e che ora è stato messo a fuoco grazie al Covid-19, è la cosiddetta “influenza spagnola” del 1918. Stanno emergendo rapporti e documenti ricorrenti che ci dicono che questa “più grande pandemia della storia” [1] non è stata “spagnola”, [2] non è stata una “influenza” e,[3] non si è trattato di un evento naturale, ma bensì del risultato di una manipolazione umana con i vaccini. Sicuramente c’è molto di più da scoprire, ma le prove accumulate fino ad oggi sono troppo convincenti per essere ignorate.
In parole povere, le prove che stanno emergendo supportano le ipotesi secondo cui la pandemia del 1918 fu causata da un errato programma, altamente sperimentale, di vaccinazione contro la meningite, condotto dal Rockefeller Institute (fondato dal Dr. F.T. Gates con fondi anche di J.D. Rockefeller), avviato dall’esercito statunitense a Fort Riley e da lì diffusosi nel mondo. Questo saggio cercherà di documentare brevemente le prove finora disponibili. Ci saranno naturalmente molte obiezioni ai contenuti, non solo da parte degli ideologi e dei troll, ma anche da parte di personaggi di alto rango con organi del corpo vitali che necessitano di protezione
In primo luogo, non c’è mai stata alcuna giustificazione per associare la pandemia del 1918 alla Spagna. L’agente patogeno non ha avuto origine in Spagna, né la Spagna è stata la più colpita. La “storia ufficiale” più comunemente accettata dai nostri media mainstream è che in tutti i paesi, tranne che in Spagna, era in vigore una severa censura (a causa della guerra) e, conseguentemente, i fatti della pandemia circolavano liberamente solo nei media spagnoli; era quindi “naturale” riferirsi a questa come all’influenza spagnola. Da questo ragionamento, dato che tutti noi sappiamo che gli Stati Uniti hanno almeno il 125% di libertà di parola e meno lo stesso grado di censura, dovremmo ribattezzare il Covid-19 “la maledizione americana” (questo può ancora accadere, per altri motivi più validi).
In ogni caso, esistono prove documentate, sempre più voluminose e sempre più solide, che questa epidemia ha avuto origine a Fort Riley, in Kansas, negli Stati Uniti. I teorici della cospirazione e i revisionisti storici non possono più cambiare questa situazione.
La pandemia del 1918 fu probabilmente la peggiore che il mondo avesse mai visto, certamente per secoli. Infettò circa 500 milioni di persone e ne uccise almeno 50 milioni in tutto il mondo. L’attuale “narrazione ufficiale” (ancora una volta) è che fu causata da “un virus H1N1 originatosi negli uccelli” (che non è comunque una “influenza”), e la sua unica tenue connessione con gli Stati Uniti è che fu “identificata per la prima volta negli Stati Uniti tra il personale militare” nella primavera del 1918. Queste affermazioni sembrano false. In un rapporto del 2008, il NIH (equivalente del nostro ISS, n.d.t.) statunitense ha ammesso che la maggior parte dei decessi non era stata causata da una “influenza” né da alcun virus aviario, ma bensì da una polmonite batterica .
I dettagli degli studi lo confermano ampiamente, e persino il Dr. Anthony Fauci dice: “Siamo completamente d’accordo sul fatto che la polmonite batterica ha avuto un ruolo importante nella mortalità della pandemia del 1918” . Infatti, si afferma ora che la ragione per cui la moderna tecnologia medica non è mai stata in grado di identificare il “ceppo di influenza killer” di questa pandemia è stato perché l’influenza non era il killer. Potrebbe essere ovvio per noi, oggi, perché sappiamo che l’influenza attacca i giovani, gli anziani e gli immuno-depressi, mentre l’influenza “spagnola” attaccava le persone sane nel fiore degli anni, che è quello che fa una polmonite batterica.
Anche in questo caso, la narrazione ufficiale ci dice che, a causa dei movimenti di truppe dovuti alla guerra, l’agente patogeno si è diffuso in tutto il mondo. Ma l’attuale tesi emergente è che i movimenti delle truppe potrebbero essere stati irrilevanti perché il Rockefeller Institute, con una combinazione di fretta e presunzione, “inviò il suo siero sperimentale anti-meningococco in Inghilterra, Francia, Belgio, Italia e molti altri paesi, contribuendo a diffondere l’epidemia in tutto il mondo“. Sembra certamente il principale sospettato, e possiamo capire la riluttanza dell’OMS e del CDC di oggi a rivelarlo alla stampa popolare. Come ha scritto il dottor Kevin Barry:
“Sarebbe molto più difficile sostenere il mantra della commercializzazione dei “vaccini salva-vita” se [si confermasse che] un esperimento di vaccino originario degli Stati Uniti … ha causato la morte di 50-100 milioni di persone”. Inoltre, affermare che “l’American Rockefeller Institute for Medical Research, con il suo vaccino sperimentale contro il meningococco batterico, potrebbe aver ucciso 50-100 milioni di persone nel 1918-19” è uno slogan commerciale molto poco efficace .”
La pistola fumante
Secondo il documento del 2008 dell’Istituto Nazionale della Salute, la polmonite batterica risulta essere stata il colpevole in un minimo del 92,7% delle autopsie del 1918-19 esaminate. È probabilmente superiore al 92,7%. I ricercatori hanno esaminato più di 9.000 autopsie, e “non ci sono stati risultati negativi (in quanto a batteri) nelle colture polmonari“. “… Nelle 68 serie di autopsie di qualità superiore, in cui si poteva escludere la possibilità di colture negative non dichiarate, il 92,7% delle colture polmonari autoptiche era positivo per ≥1 batterio. … in uno studio su circa 9.000 soggetti che sono stati seguiti dalla presentazione clinica con l’influenza alla risoluzione o all’autopsia, i ricercatori hanno ottenuto, con tecnica sterile, colture di pneumococchi o streptococchi da 164 di 167 campioni di tessuto polmonare.
“Erano presenti 89 colture pure di pneumococchi; 19 colture da cui sono stati recuperati solo streptococchi; 34 che hanno prodotto miscele di pneumococchi e/o streptococchi; 22 che hanno prodotto una miscela di pneumococchi, streptococchi e altri organismi (in particolare pneumococchi e streptococchi non emolitici); e 3 che hanno prodotto solo streptococchi non emolitici. Non ci sono stati risultati negativi della coltura polmonare” [2]. Pneumococchi o streptococchi sono stati trovati in “164 su 167 campioni di tessuto polmonare” esaminati con l’autopsia, cioè il 98,2%. Il batterio era l’assassino [6].
I volumi del 1918 e del 1919 del Journal of the American Medicine Association includono molti articoli sulle cause, la prevenzione e il trattamento dell’influenza. Più e più volte gli investigatori si meravigliavano della sporadica presenza di ‘B. influenzae’ nei malati, notando la sua presenza in individui sani e osservandola in altre infezioni quali il morbillo, la scarlattina, la difterite e la varicella.” In un articolo gli autori scrivono: “Non sembra esserci alcuna giustificazione per la convinzione che l’epidemia sia dovuta al bacillo dell’influenza, che è probabilmente un invasore secondario e ha più o meno la stessa relazione con i casi di influenza che con le infezioni respiratorie di tipo diverso” (Lord 1919) .”
Questo sembra essere il punto di partenza della storia
A seguito allo scatenarsi di un’epidemia di meningite a Camp Funston, Kansas, nell’ottobre e nel novembre del 1917, fu intrapresa una serie di vaccinazioni anti-meningite su soggetti volontari di quel campo . All’epoca le vaccinazioni (e forse gran parte della scienza medica in generale) erano agli inizi, un territorio molto poco conosciuto.
In particolare, lo stesso Dr. Gates osserva che prima di questo periodo, “i vaccini contro il meningococco non sono stati ampiamente utilizzati come profilassi per l’immunizzazione, e nella letteratura si trovano solo pochi riferimenti relativi alle esperienze di vaccinazione“. Egli riferisce inoltre che i pochi casi citati avevano avuto reazioni “molto gravi” ai vaccini, che erano completamente sperimentali.
In questo caso, il Rockefeller Institute, che sembra essere il luogo in cui hanno avuto origine gli esperimenti iniziali di questo speciale compartimento del vaso di Pandora, aveva ideato un vaccino sperimentale ed era comprensibilmente ansioso di “vedere cosa succede”. A quanto pare si trattava di un vaccino antibatterico piuttosto rozzo che veniva fatto ai cavalli. Non ho la competenza medica per commentare la parte equina, ma altri più esperti hanno suggerito che questo potrebbe non essere stato il metodo migliore. Un enorme vantaggio della guerra per il Rockefeller Institute fu che l’esercito americano passò da poco più di 250.000 a 6.000.000.000 di uomini, mettendo così a disposizione del “Rockefeller Institute for Medical Research” un enorme bacino di cavie umane per condurre esperimenti sul vaccino.
In un articolo di 26 pagine pubblicato nel luglio del 1918 dal Dr. Fredrick L. Gates, M. D., First Lieutenant, Medical Corps, U. S. Army, scrivendo dall’Ospedale della Base, Fort Riley, Kansas, e dal Rockefeller Institute for Medical Research, New York, il Dr. Gates descrive la procedura [8].
“Per la determinazione del dosaggio e lo studio delle reazioni e della formazione di anticorpi sono stati scelti sei gruppi di circa 50 uomini ciascuno dalle varie compagnie del reggimento. I gruppi successivi hanno ricevuto dosi crescenti di vaccino in una serie di tre iniezioni a intervalli di 4-10 giorni. La determinazione del dosaggio del vaccino per i gruppi successivi è stata effettuata sulla base dei rapporti delle reazioni prodotte dalle dosi somministrate. Si è ritenuto importante aumentare gradualmente le dosi per localizzare da vicino la zona delle reazioni lievi ed evitare risultati inaspettatamente gravi.
Il verificarsi di una reazione occasionale di maggiore gravità anche con le dosi più piccole e l’aumento
dell’indolenzimento locale dopo l’iniezione delle dosi maggiori di vaccino, hanno portato alla scelta di dosi relativamente più basse per la serie generale in tutto il campo piuttosto che al tentativo di spingere il dosaggio fino al limite della resistenza. L’esperienza successiva ha pienamente giustificato questa decisione. La serie preliminare di vaccinazioni, quindi, servì a stabilire il metodo di iniezione, il giusto dosaggio per la vaccinazione diffusa, le reazioni che ci si poteva aspettare come risultato delle dosi scelte e la produzione di corpi anticorpi nel siero dei soggetti vaccinati. Sulla base di questi risultati il vaccino è stato praticato a tutto il campo.
Finora i vaccini contro il meningococco non sono stati utilizzati in modo estensivo per l’immunizzazione profilattica, e solo pochi riferimenti si trovano in letteratura relativamente alle esperienze di vaccinazione.
Alcuni riferimenti elencati hanno, verosimilmente, manifestato reazioni gravi, il che indica che si è trattato di un vero e proprio esperimento intrusivo in un campo totalmente inesplorato.”
I risultati non si fecero attendere. “… Quattordici dei più grandi campi di addestramento avevano segnalato focolai di influenza in marzo, aprile o maggio [1918, n.d.t.] e le truppe infette portarono il virus a bordo delle navi dirette in Francia… Quando i soldati in trincea si ammalarono, i comandi li fecero evacuare dalle linee del fronte e li sostituirono con uomini sani. Questo processo portava continuamente il virus a contatto con nuovi ospiti, giovani soldati sani in cui poteva adattarsi, riprodursi e diventare estremamente virulento senza pericolo di esaurirsi.
… Prima che potesse essere imposto un divieto di viaggio, un contingente di truppe di rimpiazzo partì da Camp Devens (fuori Boston) per Camp Upton, Long Island, il punto di imbarco dell’esercito per la Francia, e portò con sé la c.d. “influenza”. Gli ufficiali medici di Upton dissero che si manifestò “all’improvviso” il 13 settembre 1918, con 38 ricoveri ospedalieri, seguiti da 86 il giorno dopo e 193 il giorno successivo. I ricoveri ospedalieri raggiunsero l’apice il 4 ottobre con 483, e nel giro di 40 giorni, Camp Upton inviò 6.131 uomini all’ospedale per “influenza”. Alcuni svilupparono la polmonite così rapidamente che i medici furono in grado di diagnosticarla semplicemente osservando il paziente senza neppure auscultare i polmoni…”[9].
Direi qui che tutte le indicazioni portano a concludere che questo evento è stato accidentale. Al Rockefeller Institute possono anche esserci stati arroganza e fantasticherie di “semi-divinità”, ma io non sono in grado di formulare tali accuse. Da tutto quello che ho visto nella ricerca su questo argomento e, anche se non posso parlare a nome del Rockefeller, l’esercito americano sembra aver affrontato la questione con sincerità, buone intenzioni e grandi speranze di evitare infezioni da meningite nelle sue truppe. Ho fatto riferimento all’articolo del dottor Gates, scritto nel 1918, e l’ho studiato ripetutamente. Da quelle letture, non ricavo alcun accenno di inganno o insabbiamento, nessuna imprudenza, nessun disprezzo per la vita dei soldati, e nessun tentativo (come vediamo oggi con i vaccini) di minimizzare o escludere i pericoli di reazioni avverse. L’intero tono del suo articolo è quello di un ufficiale medico intelligente e istruito che documenta sinceramente la situazione di un pericoloso agente patogeno e i suoi sforzi per eliminarlo. Egli è attento nelle sue dichiarazioni, documenta la cura nella [parte della] somministrazione di dosi minori e crescenti di vaccino e nel monitoraggio dei loro effetti in ogni fase. Da tutto quello che ho appreso, non posso attribuire alcuna colpa all’esercito americano in questo “esperimento”, tranne forse il fatto che si trattava, appunto, di un ‘esperimento’. Le colpe, lo spregio, gli insabbiamenti e l’inganno sono venuti dopo.
La mia lettura del periodo successivo è che sia il Rockefeller Institute che l’esercito statunitense (dopo aver condotto migliaia di autopsie) si siano resi pienamente conto di quanto era accaduto e, in termini umanamente comprensibili di fronte alla calamità che avevano inavvertitamente scatenato, abbiano deciso che la strada più prudente era quella di seppellire la verità piuttosto che affrontare l’indignazione di un mondo già esaurito dalla guerra. Non dimentichiamo che quella pandemia uccise di gran lunga più persone che la guerra stessa. In questa situazione, cosa avreste fatto? Immaginate il New York Times e il London Times che titolano “OOPS!” Credo che questa pandemia sia diventata “influenza” e “spagnola” perché mascherava sia l’origine che l’agente patogeno stesso, indirizzando il pubblico mondiale in direzioni sbagliate e attribuendo la colpa di tutto alla natura. Ma forse, dopo più di 100 anni, è giunto il momento che gli Stati Uniti mostrino un po’ di coraggio e di integrità e dicano la verità. Dopo tutto, c’è una prima volta per tutto.
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