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DIFFERENZA TRA BRIGATISTI E RIVOLUZIONARI lunedì 13 gennaio 2020
Si tratta solo di una differenza di numero. Chi combatte con le armi contro lo Stato è nemico dello Stato costituito, a cui ne vuole sostituire un altro. Allora una delle due: o il nemico dello Stato riesce a vincere oppure è destinato a soccombore. Se vince è stato un rivoluzionario, se perde è stato un assassino. E' la somma che fa il totale. I brigatisti si erano illusi di poter trascinare con essi la classe operaia contro il capitalismo. Non la ebbero perché erano dei gruppi ristretti senza seguito nella società. Come ben capì Benedetto Croce, in teoria non vi è differenza alcuna tra lo Stato e una associazione a delinquere in quanto, dando bando anche alla illusione dell'esistenza di una democrazia pur fondata su una Costituzione che salvaguardi i diritti individuali del cittadino, la stessa Costituzione non avrebbe alcun valore se non si reggesse sulla forza delle armi per contrastare le criminalità organizzate che corrompono la democrazia tramite il controllo dei voti. E quando, come nelle Regioni del sud Italia, dominano le varie mafie armate, lì lo Stato è destinato a soccombere di fronte ad un tessuto sociale mafioso nonostante le decantate vittorie con gli arresti di vari capi mafia (morto un capo se ne fa un altro), quando addirittura non diventa connivente con esso per continuare ad esercitare un potere politico. Proprio allora ci si avvede che in tali casi, cioè in società permeate da tradizioni mafiose, è la stessa democrazia che diventa il bacino del potere delle mafie che possono introdursi nell'apparato politico. Quale rimedio? Un potere più forte di quello delle mafie per impedire che la politica dipenda da esse. Questo potere non può essere democratico perché deve essere tanto forte da non dover dipendere da coloro che esercitano un potere sulla politica. La quale può sottrarsi alle mafie con la sospensione delle garanzie costituzionali e con la pena di morte. L'aveva capito lo stesso Beccaria in Dei delitti e delle pene, dove, pur prendendo posizione contro la pena di morte, tuttavia la giustificava in tutti quei i casi in cui ne andassero di mezzo le stesse istituzioni dello Stato con la perdita della libertà dei cittadini, costretti ad obbedire non alle leggi ma contro le leggi.
Lungi da qualsiasi considerazione filosofico-umanitaria l’illuminista Beccaria è indotto a chiedere per il carcere perpetuo “una schiavitù perpetua! “fra ceppi o le catene”, in cui “il disperato non finisce i suoi mali”, come, invece, con la pena di morte. Beccaria condanna lo Stato che compra le delazioni e impone taglie: “Chi ha la forza di difendersi non cerca di comprarla. Di più, un tal editto sconvolge tutte le idee di morale e di virtù, che ad ogni minimo vento svaniscono nell’animo umano. Ora le leggi invitano al tradimento, ed ora lo puniscono…Invece di prevenire un delitto, ne fa nascere cento. Questi sono gli espedienti delle nazioni deboli, le leggi delle quali non sono che istantanee riparazioni di un edificio rovinoso che crolla da ogni parte”. D’altra parte, Beccaria (Dei delitti e delle pene, cap. XXVII) continuò a giustificare la pena di morte se “la morte di qualche cittadino diviene necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini tengon luogo di leggi”.
Dunque Beccaria certamente non sarebbe stato contrario alla pena di morte per le organizzazioni mafiose come unico rimedio allo stato di anarchia che si genera quando le mafie fanno perdere ai cittadini la loro libertà perché esse "tengono luogo di leggi".
Lungi da qualsiasi considerazione filosofico-umanitaria l’illuminista Beccaria è indotto a chiedere per il carcere perpetuo “una schiavitù perpetua! “fra ceppi o le catene”, in cui “il disperato non finisce i suoi mali”, come, invece, con la pena di morte. Beccaria condanna lo Stato che compra le delazioni e impone taglie: “Chi ha la forza di difendersi non cerca di comprarla. Di più, un tal editto sconvolge tutte le idee di morale e di virtù, che ad ogni minimo vento svaniscono nell’animo umano. Ora le leggi invitano al tradimento, ed ora lo puniscono…Invece di prevenire un delitto, ne fa nascere cento. Questi sono gli espedienti delle nazioni deboli, le leggi delle quali non sono che istantanee riparazioni di un edificio rovinoso che crolla da ogni parte”. D’altra parte, Beccaria (Dei delitti e delle pene, cap. XXVII) continuò a giustificare la pena di morte se “la morte di qualche cittadino diviene necessaria quando la nazione ricupera o perde la sua libertà, o nel tempo dell’anarchia, quando i disordini tengon luogo di leggi”.
Dunque Beccaria certamente non sarebbe stato contrario alla pena di morte per le organizzazioni mafiose come unico rimedio allo stato di anarchia che si genera quando le mafie fanno perdere ai cittadini la loro libertà perché esse "tengono luogo di leggi".
Un Commento
il fatto è che le leggi le fanno "loro" i governi che hanno usurpato lo Stato svendendolo ai privati [mafie]. Non abbiamo bisogno di "leggi" illeggibili ed incomprensibili per il popolo comune, appositamente rese indecifrabili [e che ci vuole per degli ignoranti analfabeti anche se laureati con lauree fasulle solo nozionistiche?] Le FFOO dovrebbero stare col Popolo NON CONTRO il Popolo, cioè le FFOO dovremmo essere Noi, come in Corea del Nord. Solo così si difende la Nazione, tutti i giorni dai nemici interni [i peggiori] e da quelli esterni.
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