giovedì 13 giugno 2019

Sapientia sola libertas est

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Estratto
 
A questo proposito non possiamo fare a meno di osservare come le famose teorie sulla scienza, e sulla conoscenza, del filosofo Karl Popper, che si potrebbero riassumere nel “principio di falsificabilità”, sembrano rispecchiare queste posizioni. Nel pensiero di Popper una delle caratteristiche essenziali di una teoria o una dottrina scientifica è la sua “falsificabilità”, ovvero il fatto che, una volta formulata, essa possa essere profondamente modificata, o anche annullata del tutto nel suo impianto teorico, da ricerche, osservazioni e studi seguenti. Si potrebbe dunque a prima vista essere indotti a pensare che se una teoria scientifica è fatalmente destinata ad essere rivoluzionata o smentita da un’altra successiva, la quale a sua volta sarà modificata e contraddetta da nuovi dati o diverse interpretazioni, non si potrà mai giungere a conclusioni definitive, così che quella “conoscenza oggettiva”, che pure nei dizionari di un tempo veniva proposta come definizione di “scienza”, in realtà non esiste. Se ne potrebbe altresì concludere che la posizione di Popper sia una forma di scetticismo o di empiriocriticismo: la scienza ha un valore puramente relativo e una funzione essenzialmente pratica, sia per la sua utilità concreta, sia per conferire un certo grado di sistematicità alle cognizioni umane, che sarebbero altrimenti un coacervo incoerente, ma non ha un valore gnoseologico, non conduce alla “verità”. In realtà non è proprio così: il filosofo austriaco crede nel reale progresso della scienza, poiché nel suo cammino egli ravvisa un processo di avvicinamento al “vero”, anche se indefinito: le nuove dottrine sono migliori di quelle del passato, anche se forse l’uomo non giungerà mai alla totale comprensione dell’universo e neppure di sé stesso. Egli infatti si avvale dell’immagine della rete da pesca: le teorie scientifiche sono “reti” a maglie sempre più strette e che quindi possono catturare “prede” sempre più piccole, ma che di certo non riusciranno mai a trattenere l'”acqua”, cioè a decifrare l’essenza e il mistero dell’Universo, l'”essere in sé” nel quale tutti gli esseri particolari “nuotano”. Questa concezione epistemologica si può dunque considerare intermedia tra quelle materialistica e razionalistica, per la quale la realtà è riducibile solo a forme materiali e deterministiche, comprensibili alla mente umana, che funzionerebbe sulla base dei medesimi principi, e quella idealistica e soggettivistica, secondo cui le strutture della mente, che a loro volta sono profondamente influenzate da fattori psichici permanenti o contingenti, sono solo strumenti con le quali esse interpretano e “strutturano” una realtà esterna, la quale, ammesso esista davvero, è comunque nella sua intima essenza inconoscibile e impenetrabile alla mente umana.
Quando si voglia prendere in considerazione e riflettere sulla relazione dell’uomo con gli altri regni della Natura, affiora inevitabilmente un aspetto che è di capitale importanza per comprendere quale dovrebbe essere il nostro comportamento verso di essi, ovvero LA QUESTIONE DELL’EVOLUZIONE. Come abbiamo visto la moderna scienza biologica ha concluso in modo definitivo che gli esseri umani e gli altri animali sono discesi da precedenti e più primitive forme di vita, mettendo quindi in EVIDENZA LA PARENTELA DELL’UMANITÀ CON LE ALTRE FORME DI VITA.

Ma non tutti accettano questa teoria: la più conosciuta tra quelle che le si oppongono è la concezione, formulata sul fondamento di una fede religiosa, del “CREAZIONISMO”, ovvero che l’Universo e tutti gli esseri che lo compongono siano stati creati,- o direttamente o per il tramite di entità cosmiche intermedie-, da una divinità, e siano sempre rimasti immutati, almeno nelle loro strutture generali, e tali siano destinati  a rimanere. Spesso il corollario di questa dottrina è che tutti gli altri esseri viventi e non viventi, qualunque sia il loro grado di sviluppo, ESISTANO SOLO PER SERVIRE ALL’UOMO e che egli ne possa disporre a sua totale discrezione, senza avere alcun obbligo morale verso di essi. INUTILE AGGIUNGERE CHE TALE MODO DI VEDERE GIUSTIFICA IL PIÙ SPIETATO SFRUTTAMENTO DEGLI ESSERI VIVENTI.
ARISTOTELE 
Aristotele o Luciano De Crescenzo?
nelle sue opere scientifiche (quali la “Storia degli Animali” e “Sulla generazione degli animali”) sostiene la tesi che ciascuna specie animale e vegetale, pur essendo stata creata separatamente, fosse soggetta a numerosi cambiamenti ad opera di un
         “PRINCIPIO DI PERFEZIONAMENTO”
di natura metafisica, per cui EGLI qualche modo cerca di conciliare la staticità della creazione con il dinamismo dell’evoluzione.
Nell' attività biologica della forma e l’energia della Vita degli enti e nei fenomeni fisici inanimati è attribuita una forma rudimentale di COSCIENZA CHE NON PUÒ ESSERE NÉ CREATA NÉ DISTRUTTA.

Commento 
 
Complimenti. Ho trovato dei concetti chiarificatori che non avevo coscientemente sviluppato. 
PRINCIPIO DI PERFEZIONAMENTO  
COSCIENZA CHE NON PUÒ ESSERE NÉ CREATA NÉ DISTRUTTA
Ci vogliono questi superiori concetti, per debellare il MALE che l'animale u-mano impiega nella distruzione della Natura, di cui fa parte.
La mia evoluzione: Ateismo, Veganesimo, Rifiuto della competizione [Lao Tzu], 
Autarchia, Il Massimo Utile col Minimo Sforzo, il Conto della Serva.

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